Non so se sia giusto definirla “fottuta”: dopotutto ci sono affezionato e quando la sento lontana mi sento bene di un bene maledettamente superficiale. Ah, quanto vorrei unire la sensibilità alla felicità! Sarà che solo agognando tale connubio un giorno potrò abbracciarlo?

Ho appena finito di leggere “Lettera al padre” di Kafka. I due non avevano un bel rapporto: “mio padre è stato per me l’assassino” è un sonetto di Umberto Saba che ben fa capire come talvolta il rapporto genitore/figlio possa essere tossico. Quanto inevitabile è tuttavia tale veleno!

Una volta chiesi ai miei se avessero studiato un po’ di psicologia pediatrica prima di farmi nascere per non far diventare vera la frase “Homo natus de mulierebrevi vivens temporerepletur multis miseriis“. La risposta non mi soddisfò.

La sensibilità può far percepire un atteggiamento come inconscio effetto di volontà, paure, limitatezze o gioie… E’ responsabilità del sensibile verificare con rigore scientifico la correttezza delle sue sottili presupposizioni prima di accettarle come buone e agire di conseguenza.

La mia fottuta sensibilità non è nemmeno lontanamente “fottuta”, ma un grande strumento che non devo sopprimere, ma far maturare.

Non che esistano frasi lapidarie, ma su questo credo di essere abbastanza sicuro: la sensibilità, oh uomini, sviluppatela senza aver paura del paesaggio tenebroso in cui vi ritroverete proiettati!

4,7 / 5
Grazie per aver votato!